Quando pensiamo alla nostra retribuzione, ci concentriamo quasi sempre sullo stipendio mensile.
Eppure, c’è una parte del compenso che lavora in silenzio e che spesso viene trascurata: il Trattamento di Fine Rapporto (TFR). Non è un bonus o un regalo, ma un patrimonio che si accumula anno dopo anno, destinato a diventare un supporto importante per i progetti futuri.
Come funziona il TFR
Ogni anno, circa il 6,91% della retribuzione lorda viene accantonato a titolo di TFR.
Questo capitale cresce nel tempo grazie a una rivalutazione pari a:
- 1,5% fisso
- + il 75% dell’inflazione ISTAT
Si tratta quindi di un risparmio certo, che diventa disponibile alla fine del rapporto di lavoro o, in anticipo, per esigenze legate a casa, salute o bisogni familiari.
Due strade possibili per il TFR
1) Lasciarlo in azienda
-Rivalutazione garantita ma limitata
-Tassazione separata, calcolata in base al reddito personale: può risultare più onerosa se il livello di reddito è alto
-Garantito dall’INPS in caso di insolvenza dell’azienda, anche se con tempi di erogazione lunghi
2) Destinarlo a un fondo pensione
-Tassazione agevolata: parte dal 15% e può scendere progressivamente fino al 9% con la permanenza nel fondo
-Possibilità di rendimenti più elevati grazie a gestioni finanziarie diversificate
-Integrazione della pensione pubblica con prestazioni aggiuntive
-Esenzione dall’imposta di successione
La stessa somma può avere un valore molto diverso a seconda della scelta*
Esempio pratico: TFR in azienda vs fondo pensione
Immaginiamo un impiegato con stipendio lordo annuo di 30.000 €.
Ogni anno accantona circa 2.073 € di TFR.
Vediamo cosa succede in 20 anni, considerando dati ipotetici ma realistici:
Caso 1 – TFR lasciato in azienda
-Rivalutazione media stimata: +2,0% annuo (dato variabile legato all’inflazione)
-Capitale dopo 20 anni ≈ 51.000 €
-Tassazione separata (stimata al 25% per reddito medio) → netto finale ≈ 38.250 €
Caso 2 – TFR in un fondo pensione
-Rendimento medio stimato: +3,0% annuo (fonte: Covip – rendimenti medi dei fondi pensione)
-Capitale dopo 20 anni ≈ 56.000 €
-Tassazione agevolata (ipotizziamo 12% dopo lunga permanenza) → netto finale ≈ 49.300 €
Differenza: oltre 11.000 € in più con il fondo pensione rispetto al TFR lasciato in azienda.
Trasferire il TFR: cosa sapere
Il TFR maturando (cioè quello che accumulerai da oggi in poi) può essere destinato liberamente a un fondo pensione.
Il TFR già maturato può essere trasferito solo con il consenso del datore di lavoro.
Se il TFR è già nel Fondo Tesoreria INPS, le quote pregresse non sono trasferibili.
Conoscere queste regole è fondamentale: una scelta consapevole può trasformare il TFR da semplice liquidazione a vera ricchezza previdenziale.
Un ulteriore vantaggio: la deducibilità fiscale
Oltre alla destinazione del TFR, è possibile effettuare versamenti volontari nei fondi pensione, deducibili dal reddito complessivo entro un limite annuo di circa 5.164,57 €. Questo significa che ogni euro versato, oltre ad accumulare capitale per la pensione, permette anche di ridurre l’imponibile fiscale.
Ma questo merita un approfondimento dedicato: ne parleremo in dettaglio in un prossimo articolo del blog.
Conclusione
Il TFR non è solo una sigla in busta paga: è un capitale strategico che cresce silenziosamente.
Gestirlo in modo consapevole, e valutare un trasferimento verso strumenti più efficienti, significa trasformare un diritto in un vantaggio concreto per il tuo futuro.
Vuoi scoprire in modo semplice e immediato se il tuo TFR sta lavorando bene e quanto potresti risparmiare fiscalmente destinandolo a una soluzione di previdenza complementare?
In poco tempo posso mostrarti quale potrebbe essere il tuo vantaggio fiscale, oggi e fino alla fase di erogazione del TFR.
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